Il mio intervento in Senato per dire stop alla violenza sulle donne
In Italia, in media ogni due o tre giorni un uomo uccide una donna, una compagna, una figlia, un’amante, una sorella, una ex.
Magari in famiglia, perché non è che la famiglia sia sempre, per forza, quel luogo magico in cui tutto è amore.
La uccide perché la considera una sua proprietà, perché non concepisce che una donna appartenga a se stessa, e sia libera di vivere come vuole lei e persino di innamorarsi di un altro. E noi che siamo ingenue, spesso, scambiamo tutto per amore.
Ma l’amore, con la violenza e le botte non c’entrano un tubo”.
Queste sono le parole di Luciana Littizzetto, le ha dette a Sanremo nel 2013, nel suo monologo contro il femminicidio.
Un problema che è diventato un’emergenza. I dati Istat lo confermano: una donna su tre tra i 16 e i 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. In pratica in Italia 6 milioni788 mila donne. E ditemi se questa non è l’emergenza delle emergenze, un problema che tocca da vicino addirittura un terzo delle italiane.
Perché sono qui? Perché una donna, un’imprenditrice che stimo immensamente, ha avuto un’idea vincente.
Opporre la cultura alla subcultura della violenza di genere. Maria è impegnata da anni nel sociale e nel sociale opera con i fatti. L’anno scorso la sua azienda, Equilibra, ha devoluto oltre 95 mila euro a 11 associazioni che operano in favore delle donne vittime di violenza. Poi ha avuto un’intuizione. Va bene aiutare le associazioni e ogni singola donna. Ma per ogni donna alla quale si offre conforto, c’è n’è un’altra che nel silenzio, in solitudine, porta la sua croce.
Se noi mettiamo dei vasi di fiori in una stanza buia e senza luce, non serve che ci affanniamo a dare acqua alla singola ciotola, i fiori continueranno a morire perché è l’ambiente a essere malato. Dobbiamo aprire le finestre, fare entrare l’aria e la luce.
Ho scritto lo spot che vi è stato mostrato, coadiuvata dalla splendida regia di Alessandro Viscioni, perché, francamente, quelli che ho visto in giro non mi convincevano. Ci sono sempre delle donne che si coprono il viso per paura delle botte. Nascondo i lividi dietro occhiali scuri e sembrano scusarsi quando dicono: <sono caduta dalle scale>.
Il nostro head line è invece un grido liberatorio. Ce l’ha urlato per prima una donna, un’attrice che è scampata per miracolo alla morte. “Io sono mia” tre parole magiche, che sintetizzano una vittoria. “Mia o di nessuno” è invece una frase macabra, un verdetto di morte, che troppe donne hanno sentito pronunciare dall’uomo che stava per togliere loro la vita.
C’è una cosa che vale la pena di ripetere: il fenomeno della violenza sulle donne si combatte con la denuncia, ma non solo, se non cambia la mentalità la battaglia è perduta in partenza.
Ci sono dei topos terribili: bella = oca, ad esempio. E di una donna che indossa la minigonna si dice che in fondo poi, se la stuprano, un po’ se l’è cercata. Siamo nel 2015 eppure l’archetipo femminile si gioca su binomi che ci vogliono o angelicate al ruolo di mogli e madri o demonizzate in quanto donne autonome e libere.
Ci sono frasi che fotografano a pieno certe ottiche culturali. Se di una persona diciamo: ‘è un uomo libero’ l’accezione è positiva, ma la stessa frase al femminile “ è una donna libera” sottintende invece un significato recondito negativo.
E’ stata Maria Zuccarelli a presentarmi Patrizia Mirigliani, sapevo già che è molto impegnata nel sociale, in più per Miss Italia, ogni anno lavora e incontra migliaia di giovani donne e si batte per la loro dignità. E’ stato bello scoprire che questa, è per lei, quasi una mission. Ci sono momenti nella vita in cui si tracciano dei bilanci. Ci si interroga sul perché, sul senso della vita. Il nostro futuro sono i figli, gli abbiamo insegnato a parlare, a camminare, e poi li abbiamo consegnati al mondo. Un mondo che però non ci piace. i dati della ricerca che prima vi ho letto sono il sunto non di numeri, ma di milioni di vite reali di donne e dei loro bisogni dei loro timori, della loro sorte.
Un premio letterario perché? Per denunciare, intanto. Per scoperchiare un vaso, per porre l’accento su una situazione, un’idea: l’idea di libertà.
Non di uguaglianza, badate bene. Di libertà.
“Se volete capire quanto è civile ed evoluta una società, allora osservate come vengono trattate le donne”, lo scriveva, pensate un po’, Karl Marx nel 1850. Sono passati più di 160 anni ma non c’è da stare allegri. E noi donne non vogliamo certo dormire sugli allori. Siamo abituate, come si suole dire, a ‘rivoltarci le maniche’, e lo stiamo facendo, a più livelli.
C’è una foto che gira in rete e che mi ha commossa immensamente. Quella di una bimba palestinese nell’inferno della guerra di Gaza. La piccola, con le manine, copre gli occhi della sua bambola perché non veda le case cadute, i morti, il sangue. E quel gesto di colpo trasforma una bambina di forse 3 o 4 anni in una donna. Dietro quelle piccole mani c’è l’amore di cui è capace una donna, il suo senso di protezione, di accudimento, quello che gli esperti chiamano ‘istinto materno’. Ma non si può più tollerare che una bimba debba essere costretta a coprire gli occhi della propria bambola, né i suoi, per non vedere, anche da noi, magari, che il papà picchia la mamma.
Vogliamo far sentire la nostra voce, raccogliere racconti sulla violenza d’accordo, ma anche testimonianze positive. Questo progetto ha già coinvolto molte persone del mondo della cultura e dello spettacolo.
Vogliamo contagiarvi con l’onestà del nostro impegno per una causa giusta. Vogliamo contagiare voi senatrici e senatori, voi imprenditori uomini e donne. I giornalisti. Aiutateci a diffondere il nostro spot, fate che diventi una pubblicità progresso. Lavoriamo insieme perché le cose cambino.
Vogliamo arrivare a tutte le donne, anche a quelle richiuse in un castello di paura. E perché no, anche agli uomini, a quelli che alzano i pugni, e forse soprattutto a loro, che sono dei duri ma solo quando si sentono al sicuro. Non quando iniziano a capire che il vento sta cambiando. Non quando si sentono accerchiati, additati, scovati.
Questa è la nostra scommessa, ma, ne sono convinta, anche la vostra, visto che, e non credo proprio sia un caso, siete qui con noi oggi, al nostro fianco. E di questo vi ringrazio, di cuore.
Come ha detto Maria nel video, noi donne diamo la vita e un crimine contro le donne è un crimine contro la vita.
Qualcosa che non si può più accettare.
E questo è il video :
https://www.youtube.com/watch?v=2RXSXScf57s
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