Il fu racconto di Elvia Grazi

martedì, settembre 13, 2016 2 , , , Permalink 3

 

IL Fu racconto di Elvia Grazi

 

Anche io fino a pochi anni fa avevo un marito. E’ morto a poco a poco, giorno dopo giorno, io lo chiamo il Fu.

Siamo stati sposati 26 anni, trascorsi in un soffio.

Quando ci siamo conosciuti ero una ragazza, laureata di fresco, in giurisprudenza. Grazie a mio padre ero stata presa, come praticante, in uno studio associato di avvocati. Il Fu era il figlio del grande capo, aveva solo cinque anni più di me ma ovviamente era già destinato a una grande carriera.

Mentre io mi limitavo a battere a macchina vari documenti e a fare la spola tra la cancelleria del tribunale e lo studio e mi occupavo delle pratiche burocratiche più noiose, lui già aveva al suo attivo parecchie cause vinte.

Era un ragazzo distinto, molto serio e riservato. Sembrava più grande della sua età. Le segretarie, lo so, dicevano che era inquadrato, un ragazzo che pensava solo al lavoro.

Io sapevo però che non era così.

Un giorno ci eravamo incrociati in tribunale, lui mi aveva salutata e mi aveva riaccompagnata in studio. In quel breve viaggio in auto però qualcosa era successo.

Prima di rientrare in ufficio ci eravamo fermati a prendere un caffè.

Avevamo parlato del più e del meno , mi era parso non avesse fretta e che gli piacesse rimanere con me.

Nei giorni successivi, quando ci incrociavamo, mi guardava in un certo modo ma niente di più.

Ci vollero due mesi perché si dichiarasse.

Ci sposammo un anno e mezzo più tardi.

Che dire del Fu, è stato un marito perfetto, presente, tenero. Un amante attento e appassionato.

Per 25 anni, più o meno, perché poi si è ammalato. Un morbo violento, devastante che ben presto lo avrebbe portato alla fine.

Ecco i sintomi, il primo e più evidente: trascorreva sempre più tempo fuori casa.

Noi non lavoravamo più insieme, il Fu era tradizionalista, voleva prendersi cura di me.

<Non sia mai che mia moglie debba arrabattarsi in un posto così triste come un tribunale. Per te voglio solo cose belle: estetista, parrucchiere palestra, leggere buoni libri, prepararmi la cena>.

Sono una donna all’antica e meridionale.

Forse oggi e al nord, tutto ciò può sembrare un po’ anacronistico, io invece senza nemmeno troppi rimpianti, decisi di gettare la toga alle ortiche e non ci pensai più.

Tutto questo per dire che non frequentavo più lo studio e non potevo sapere se il Fu avesse o meno, tutti gli impegni di lavoro che lo tenevano lontano da casa.

Secondo sintomo, ancora più grave: non faceva più l’amore con me. Non mi desiderava più.

<Cosa vuoi è l’età>, mi dicevano le amiche, <dopo i cinquant’anni gli uomini cominciano a perdere i colpi>.

Sarà, ma così, tutto d’un tratto, da un giorno all’altro? Mio marito poi, che è sempre stato un toro?

Ultimo e più significativo sintomo : la trasformazione fisica.

Il Fu aveva iniziato a cambiare pelle, come i serpenti.

Lui, perennemente in giacca e cravatta, aveva preso a indossare le t-shirt scure sotto il doppiopetto.

Qualche volta, addirittura, se non aveva cause, andava in ufficio in jeans.

Cose da matti.

E poi passava ore in bagno. Ne usciva profumatissimo, tutto leccato, non un capello fuori posto.

Un bacio distratto e via.

E’ così che ho iniziato a perderlo e nel giro di un anno se ne è andato per sempre.

Con la sua amante.

D’accordo, mi ha lasciato la casa, mi passa gli alimenti, da questo punto di vista niente da dire, il Fu si è comportato bene ma per il resto sono arrivata a odiarlo.

Lui non è l’uomo che ho sposato. Quello davvero non c’è più.

Questa nuova persona che abita nel suo corpo non ha niente a che vedere con lui.

Tanto il Fu era sensibile tanto questo è egoista e centrato solo su se stesso.

Mio marito era una persona di principi, come me, non ha mai concepito il divorzio. Questo invece sta contando letteralmente i giorni per sposare la sua nuova compagna.

Parliamone, anche la scelta di questa donna mi lascia davvero perplessa.

Il Fu adorava le donne di classe, diceva che la cultura e l’educazione sono la prima cosa, anche in amore.

E adesso fa ridere anche i polli.

‘Lei’ ha appena compiuto trent’anni, è una bellona tutta curve, volgarissima, faceva la barista ed è pure extracomunitaria, brasiliana.

Lo so io cosa ci faceva in quel bar : aspettava il merlo da spennare, merlo che puntualmente è arrivato.

Il mio Fu era un uomo intelligentissimo, di certe situazioni, insieme, ne abbiamo sempre riso.

<Non capisco come certi cinquantenni possano innamorarsi di ragazzine, che diavolo possono avere in comune? Il sesso, d’accordo, ma per un’ora d’amore poi le altre ventitré che restano, devi dividerle con qualcuna con cui non hai alcun punto in comune, che diavolo le dici?>.

Appunto, appunto.

Che diavolo dice adesso lui alla brasiliana, cosa li accomuna?

Andrà a mangiare in churrascaria?

Mi dicono certi amici che ancora lo vedono, che hanno sempre la casa invasa da brasiliani.

Lui, che amava la quiete, era un pantofolaio, un uomo discreto, che riteneva l’ostentazione fosse volgare.

Adesso gira in porche : ovviamente bianca.

Da non credere.

Per questo mi sono messa in lutto.

Mio marito non c’è più, è morto, definitivamente.

Deve essere caduto vittima di un rito voodoo, non ci sono altre spiegazioni.

Una magia che ha lasciato integro il suo corpo e mutato integralmente la sua anima.

Per questo piango mio marito, il Fu, un uomo buono, intelligente, misurato, un professionista integerrimo, un compagno perfetto.

Manca solo che gli accenda il lumino davanti alla foto.

<Guarda che tu da questa vedovanza devi assolutamente uscire>, mi dice mia sorella, per la verità mi dicono tutti.

Arianna però è una specie di virago in gonnella, quando si mette una cosa in testa non molla nemmeno se la minacci a mano armata.

E tanto ha detto e tanto ha fatto che è riuscita a farmi smettere gli abiti scuri e mi ha costretta a uscire dal mio nido.

Il culmine l’ha raggiunto quando mi ha letteralmente trascinata in vacanza con lei.

In un grande villaggio di quelli per intenderci, che ho sempre odiato, dove

non riesci a stare sola senza neppure un secondo.

Vieni coinvolta in tutta una serie di attività che non ti lasciano respiro.

L’avrei uccisa, ma aveva già prenotato, pagato tutto, non c’era verso di evitare l’amara pillola.

<Dai che lo sai come dice il proverbio>, mia sorella insisteva, <chi muore giace e chi vive si dà pace e poi piantala Valeria, tuo marito non è neppure morto se né semplicemente andato con un’altra e tu te ne devi fare una ragione>.

E io a ridirle, fino allo sfinimento, che al contrario mio marito era proprio morto, che nel suo corpo per una strana alchimia, si era incarnato una specie di mostro, un alieno.

<La gente cambia, Valeria, punto e basta>, concludeva lei, lapidaria.

La gente cambia, per fortuna, adesso lo so anche io, succede e se può capitare di scivolare su un rito voodoo ci si può anche rialzare grazie a un miracolo.

Oggi è una giornata speciale. Ieri sono andata dal parrucchiere e ho detto, letteralmente <voglio dare un taglio a questi capelli>.

Dare un taglio , qualche volta è necessario.

Sono uscita di lì con una testa tutta nuova, poi sono andata in una boutique del centro, non lo facevo da una vita, e l’ho letteralmente svaligiata.

Adesso sono tutta nuova, fuori e dentro.

Salgo in macchina, mi osservo nello specchietto retrovisore e mi vedo bella, ho uno sguardo nuovo, che ride.

Ho un abitino rosso fuoco che si intona perfettamente con le sfumature che Enrico, il parrucchiere, ha voluto dare ai miei riccioli.

Vado a prendere il mio amore all’aeroporto.

Lo so siete stupefatti.

Ve lo avevo detto però, ci sono anche i miracoli.

Il mio si chiama Rocco, è ginecologo, milanese.

L’ho conosciuto al villaggio.

E’ un uomo straordinario. Vecchio stampo, proprio come piacciono a me.

<Separato?> gli ho chiesto quando ci siamo presentati.

<No, per me un matrimonio è per sempre, purtroppo sono vedovo, mia moglie mi ha lasciata un anno fa>.

<Ti ha lasciato nel senso che è morta, morta davvero?> ho chiesto.

<Certo, mi ha risposto>, un po’ stupito.

Allora gli ho spiegato del Fu, il mio caro estinto, del quale parlo poco e malvolentieri, col quale a dire il vero ho rotto proprio i ponti perché preferisco ricordarlo com’era.

Ha riso come un pazzo e io insieme a lui.

E’ stato bravissimo, ha sdrammatizzato, ricordo quella nostra prima serata come un momento magico.

Rocco non ha niente del Fu, uno è biondo l’altro bruno uno alto l’altro nella media, uno pantofolaio l’altro molto sportivo.

Tanto vale ammetterlo, io credevo di essere innamorata del Fu, forse lo sono anche stata, ma Rocco è un’altra cosa.

Milanese, concreto, ma al contempo simpaticissimo e divertente più di un napoletano.

Da quella prima sera abbiamo sempre mangiato insieme, insieme abbiamo frequentato un corso di vela nel villaggio, abbiamo perfino partecipato allo spettacolo degli ospiti.

E ci siamo innamorati, perdutamente.

Io che ritenevo fosse patetico, rincorrere l’amore con la A maiuscola alla nostra età.

Ma chi l’ha detto? Mi guardo ancora nello specchietto e mi vedo bella, giovane, innamorata, anche se ho cinquantaquattro anni.

Ho ancora tutta una vita da scrivere, un amore nuovo da vivere.

Certo non è facile, Rocco lavora e vive a Milano, io a Napoli.

Lui viene a trovarmi di tanto in tanto, ma sta cercando di convincermi a trasferirmi da lui.

Più passa il tempo e più me ne convinco.

Ieri, ciliegina sulla torta, mi suonano alla porta, vado ad aprire e davanti a me chi ti vedo?

Il Fu, con una faccia grigia da fare paura.

<Ho bisogno di parlarti Valeria>, mi ha detto.

<Se è per il divorzio non ci sono problemi, te lo firmo >, ho messo le mani avanti.

Mi ha guardata in tralice, questo da me non se lo aspettava, gli avevo detto che gli avrei dato del filo da torcere.

<Un matrimonio è per sempre>, gli avevo urlato l’ultima volta che ne avevamo parlato.

Invece adesso incredibilmente mi diceva che la cosa non gli interessava più, che andando via aveva commesso un errore madornale, che la sua storia con la brasiliana era finita, che era stata come una specie di febbre che l’aveva divorato e consunto e solo adesso comprendeva quanto il nostro amore fosse importante e quanto io gli mancassi.

Una parte di me avrebbe voluto urlargli : <mi spiace, tu per me sei morto>.

Per quanto tempo avevo accarezzato, sognato, ipotizzato quella vendetta?

Invece in quel momento, ritrovarmelo davanti, con quell’aria mesta, non mi dava alcuna gioia.

<Mi spiace>, ho mormorato, < ma anche io sono cambiata, avevi ragione, al nostro matrimonio mancava qualcosa e io non intendo assolutamente tornare sui miei passi>.

Mi ha guardata, come mi vedesse per la prima volta.

<Hai sempre detto che il matrimonio è indissolubile>, ha tentato.

<Mi sbagliavo>, ho concluso.

<Lo so vuoi farmela pagare, ma ti giuro che sarò io a farmi perdonare>, ha detto.

Non mi è restato che dirgli la verità. Gli ho spiegato che sono innamorata e felice. Se n’è andato come un cane bastonato, mi è anche dispiaciuto.

Ma adesso non voglio pensarci, bando alla tristezza, vado a prendere il mio amore all’aeroporto, mi aspettano tre giorni di felicità, per il momento e poi la vita intera.

Secondo voi imparerò a parlare in milanese?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2 Comments
  • sofia
    settembre 14, 2016

    Be’ che dire …. SEI UNA GRANDE!!!

    emani energia pura.
    Complimenti ti stimo.

    • Elvia
      settembre 16, 2016

      che dire Sofia grazie davvero di cuore non sparire dalla mia vita eh? un abbraccio

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