La mia estate in autunno
La mia estate sa di acqua di mare, di capelli lasciati a galleggiare mentre il corpo diventa leggero e si lascia cullare, piano, dalle braccia materne delle onde. La mia estate ha la consistenza di un bambino che ti si attacca al collo e prega: “mamma, mi tieni eh?”.
Avevamo una roulotte, una piccola casa da portarci dietro, come la lumaca fa con il suo guscio per rintanarcisi la notte. E la mattina, per colazione, facevo le crepes con la nutella, perché se non ci coccoliamo, che vacanza è?
E poi avevamo un piccolo gommone, che chiamavamo ‘cannone’ perché era qualcosa a metà strada tra un canotto e un gommone. Lo riempivamo di ogni genere di cose: libri, formine, salvagenti, un frigor portatile, asciugamani, creme, solari, doposole e cappelli di paglia. Melanzane alla parmigiana cucinate la sera prima.
La mia estate ha serate buie con il sottofondo del frinire delle cicale e uno spicchio di luna che sembrava piazzato lì, solo per noi.
Quell’estate lì è un ricordo lontano, che non vuole morire.
E’ una soltanto, anche se è durata per un tempo infinito, dieci, forse vent’anni?
E’ ancora lì, anche se l’estate è finita.
Adesso che quel bambino che mi si attaccava al collo, ha a sua volta un cucciolo da portare al mare e a cui insegnare a nuotare.
Adesso che sono passati, a spanne, trent’anni.
Adesso che qualcuno, quando mi vede in tv, mi dice che dovrei evitare i vestiti con la fantasia a giardino fiorito.
C’è chi cerca di insegnarmi l’autunno, senza sapere che l’estate è un moto del cuore e che il bello del tempo è lasciarlo fluire, centellinandolo, come il tempo più bello.
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